![]() Vittorio si dedica a tessere relazioni tra i cittadini di Santa Croce, realtà complessa ma ricca di ampie potenzialità. Le ragioni del suo operare scaturiscono dal riconoscimento del valore di ogni persona, in uno scambio in cui la diversità dell'uno arricchisce l'altro. Questo atteggiamento risponde alle esigenze di un quartiere socialmente d’avanguardia, come è quello di Santa Croce: grandi risorse umane e grandi speranze, scolpite nello spessore della storia di ciascuno, motivo per cui possono rivelarsi grandi i risultati di ogni incontro. Vengo da una vita trascorsa nell'esperienza dell’insegnamento, prima come docente, poi come preside. Il cardine del mio agire si colloca nella passione educativa. Educare non significa soltanto istruire: l’istruzione è necessaria perché può far scoprire com'è fatto e come gira il mondo; ma le giovani generazioni hanno bisogno di scoprire ed alimentare il valore delle relazioni umane, nella fiducia di non poterne fare a meno per acquisire un senso della libertà che si fonda sulla responsabilità. Relazioni consapevoli e responsabili, come percorso capace di costruire una vita piena in seno alla comunità, a tutti livelli: familiare, scolastico e civile. E oggi, spesso, ne sentiamo la mancanza.
Da cinquantadue anni vivo nel quartiere di Santa Croce, con mia moglie Lilliana. Siamo stati allietati da tre figli, ormai adulti, e da sette nipoti. La mia presenza di animazione e servizio in questa comunità è una scelta coerente con il mio percorso di vita. Da quando sono in pensione, ho accentuato l'impegno rivolto a creare e rinforzare buone relazioni nel territorio, che oggi si presenta come una realtà umana e sociale assai variegata. E lo diventa sempre più, se si tiene presente, che il trend demografico annuale, cioè la quantità di persone che ogni anno arrivano e se ne vanno, è di circa 500 unità. La presenza di famiglie straniere, di differenti nazionalità e religioni, si attesta tra il 35 e il 50%. Un lavoro di relazione è necessario per ascoltare realmente le esigenze della comunità. Questo compito di relazione è curato da un numero cospicuo di persone, quasi tutte volontari. In questo quartiere, infatti, in un'area di circa un chilometro quadrato, sono presenti oggi circa trenta associazioni e realtà di aggregazione e aiuto, ciascuna delle quali si occupa di un aspetto particolare: cura pomeridiana dei ragazzi dopo la scuola, educazione sportiva, famiglie in difficoltà, varie disabilità, teatro e clownerie, i mille problemi degli immigrati, compresa l'educazione linguistica degli adulti, e molto altro. Come comunità cristiana della parrocchia di Santa Croce, dal 2017 abbiamo voluto realizzare la Sagra annuale in modo diverso dal solito; una sagra aperta a tutte le realtà del quartiere, portatrice di un messaggio di unità e finalizzata a diffondere solidarietà, al di là delle diverse appartenenze culturali, etniche e religiose. La Sagra di Santa Croce si celebra in settembre, in una settimana che comprende il giorno 14, dedicato alla solennità della Santa Croce, alla quale è intitolata la Chiesa parrocchiale. Nel 2017 si celebrava il centenario della fondazione della chiesa stessa. Durante alcuni incontri dal titolo “Raccontiamoci ed ascoltiamoci”, ogni gruppo e associazione ha potuto esprimersi, farsi conoscere nelle proprie peculiarità e riconoscere le differenze, viste come opportunità di crescita per tutti. Il primo anno abbiamo riunito circa 15 associazioni; oggi siamo arrivati a 30. Molte voci si sono alzate e hanno voluto raccontarsi e dire le proprie difficoltà, i propri desideri. Nello stesso settembre 2017, abbiamo invitato per la prima volta i responsabili dei luoghi di culto presenti nel quartiere, circa una ventina, a ritrovarsi in un incontro di preghiera comune per la giustizia e la pace. Ogni religione ed ogni confessione si è espressa secondo il proprio stile di preghiera, riconoscendo tutti che Dio ci è Padre e che noi siamo fratelli. Abbiamo piantato un olivo, presso cui ci siamo ritrovati ogni anno per rivolgere la preghiera al Dio della pace, che tutti, pur con culti diversi, riconosciamo come tale. Abbiamo anche iniziato a bussare alle porte delle case e dei condomini, consegnando l’opuscolo “Pace a questa casa”. Questi gesti possono aprire l'orizzonte di una presenza culturale rispettosa delle diversità, ma unita nella solidarietà. Nel quartiere sono presenti alcune situazioni contraddittorie che attendono di essere armonizzate. Sono state insediate alcune realtà indiscutibilmente di grande valore, quali il Polo Tecnologico e il Centro Internazionale Loris Malaguzzi, ma esse dialogano con mondi che sono estranei alla vita del quartiere: la prima con il mondo industriale ed economico di alto livello, la seconda con le realtà educative internazionali. La gente del quartiere ne è coinvolta solo marginalmente. A ridosso di queste due realtà vive un mondo di disperati e di senza tetto, che ha trovato riparo nei capannoni fatiscenti delle ex officine Reggiane. È doloroso pensare che, per rendere invisibili le sofferenze di un centinaio di persone, sia stato costruito un muro che le separa dal polo tecnologico. Dentro i capannoni delle ex Reggiane non c’è solo criminalità, come spesso si vuol far credere, ma soprattutto persone che hanno perso il lavoro, la casa, o alle quali sono stati tolti i diritti fondamentali, e che vivono in condizioni non dignitose: lì ci sono gli ultimi. Alcune associazioni si prodigano per portare coperte, cibo, conforto. Il sabato pomeriggio, in un capannone, un prete e un diacono con queste persone pregano, a volte celebrano la Messa. La rete delle comunità può aiutare. Resta evidente una grande spaccatura tra innovazione e sofferenza, che non può e non deve essere ignorata. Un’altra criticità è la condizione dei giovani. Molti adolescenti rischiano di intraprendere strade sbagliate, perché sono quasi abbandonati a se stessi e non trovano motivazioni sufficienti per impegnarsi a scuola e durante la giornata. Il problema è stato raccolto da diverse associazioni del quartiere che hanno messo in campo una serie di progetti di varia natura: per il sostegno scolastico, per l'attività sportiva, per il teatro, e per alcune le disabilità. Spesso si riesce anche a connettersi con le scuole del territorio, ma la situazione oggi è più complicata che in passato. Oggi per un preside è più difficile assumere in pieno e direttamente un ruolo educativo, a causa delle le dimensioni degli Istituti, spesso affidati a DSGA reggenti che debbono governare più istituti, secondo criteri amministrativi faticosi e rigidi, più consoni a dei manager che a degli educatori. Sia dall'opinione pubblica, sia dalla normativa, spesso la scuola viene sospinta verso un efficientismo fine a se stesso, che finisce per tagliar fuori i più deboli, che sono in numero crescente, e di occuparsi poco dell'abbandono scolastico. Bisogna inserire l'istruzione sul fondamento di un processo educativo rivolto ad intessere relazioni di cooperazione, di responsabilità e di solidarietà. Non sono mai stato d’accordo con la visione corrente dell'istruzione, ridotta ad una catena di montaggio del sapere, in termini impersonali, senza educare alla capacità di scegliere. Che senso ha uno scienziato che sceglie di costruire ordigni sempre più distruttivi? Le scelte responsabili si imparano nei percorsi educativi che non perdono di vista le persone. Ed è proprio quello che vogliamo fare con il nostro impegno nel quartiere. C'è oggi un orizzonte che si apre per tutti; è quello dell'ecologia integrale, cioè di una cura dell'ambiente che prenda in considerazione l'interdipendenza e la connessione tra ambiente naturale e ambiente umano e sociale. Tutte le realtà sono chiamate a comprendere che ci si salva solo cooperando insieme. Ognuno deve coltivare le proprie specificità per essere una risorsa e una ricchezza per l’altro e per produrre un miglioramento sociale e naturale del nostro territorio. Credo che Santa Croce sia un quartiere capace di comprendere le esigenze più profonde dei tempi nuovi. Lo ha fatto in passato, con la rivoluzione delle Officine Reggiane, che hanno trasformato Reggio Emilia da paesone a città. Oggi Santa Croce si confronta una sfida culturale più sottile e decisiva: fare dell'identità culturale di ciascuno una risorsa per costruire una fraterna convivenza tra persone diverse e tra la realtà umana e l'ambiente. Non parlava forse San Francesco di Fratello Sole e di Sorella Luna? E di nostra sorella Madre Terra ci siamo dimenticati? Non mi pongo problemi di successo: penso che il mio compito sia quello di seminare l'esigenza di fraternità.
0 Comments
Leave a Reply. |
Blog ImpossibileUno sguardo proiettato al futuro per sviluppare nuove progettualità condivise Archivio
Luglio 2022
Categorie |